Media Dance è un progetto multidisciplinare (filosofia, danza, letteratura, cinema) costruito intorno ad una rassegna di teatro danza che propone agli insegnanti delle scuole medie superiori di primo e secondo grado di utilizzare lo strumento dell’esperienza artistica per apprendere e esplorare insieme ai loro studenti, alcune riflessioni intorno a tematiche da loro suggerite.
Immaginato fin dalle sue origini insieme a un gruppo di insegnanti, il progetto è stato pensato in moduli di durata differente. Prevede, oltre alla visione dello spettacolo che affronta un tema specifico, incontri con filosofi, per approfondire il tema ragionandovi criticamente, dibattiti e laboratori fisici con artisti del mondo della danza e del teatro che in questo momento producono riflessioni ed esperienze sullo stesso argomento.
Grazie alla collaborazione con il Sistema Bibliotecario urbano e altre istituzioni culturali che operano in ambito cinematografico, è possibile per gli insegnanti e gli studenti coinvolti proseguire la riflessione in altri contesti culturali: visite ad archivi storici, laboratori all’interno di istituzioni museali, letture in classe, visioni di film sul tema.
I temi affrontati nelle diverse edizioni del progetto emergono dagli insegnanti all’interno del contenitore progettuale “Educare alla Bellezza” o attraverso un monitoraggio relativo all’edizione Media Dance appena conclusa, effettuato attraverso un questionario sottoposto agli studenti.
Finora hanno trovato spazio di dialogo i seguenti temi: il rapporto con il proprio corpo, l’accettazione della diversità, l’Amore e il non Amore nel delicato fenomeno della violenza sulle donne. Il bullismo, l’Inconscio, la disabilità come diversa abilità all’esistenza, l’omosessualità e molti altri.
Che cosa ha rappresentato per la tua crescita umana e professionale partecipare al progetto Media Dance nell’anno 2019/20? Ci spieghi il perché della tua risposta?
Anna Robino – docente di sostegno presso l’Istituto O.Romero di Rivoli
L’incontro con la Lavanderia a vapore e l’inizio della nostra proficua collaborazione nacque due anni fa in maniera del tutto fortuita, durante una bellissima serata in cui facevo da spettatrice ad uno degli eventi organizzati per il quarantennale della legge Basaglia, Muri (con una straordinaria Giulia Lazzarini e la regia di Renato Sarti): il racconto da parte di un’infermiera della vita in manicomio prima e dopo la rivoluzione di Basaglia. Già durante lo spettacolo sentii forte la sensazione di essere in un luogo che poteva fare da complemento alla mia attività progettuale di docente di sostegno. Fu così che mi ritrovai, a fine spettacolo, a parlare con il direttore Matteo Negrin e, pochi giorni più tardi, con la Project Manager Mara Loro della proposta di una collaborazione ad un progetto di mia ideazione e realizzazione, che ormai da 5 anni affianco al mio lavoro di docente. In men che non si dica passammo dalle parole ai fatti e la Lavanderia a vapore divenne partner fondante del progetto motorio di inclusione scolastica Con il corpo conosco: Mara Loro mi propose di partecipare al progetto Media Dance. La scelta da parte di Mara ricadde sullo spettacolo Le fumatrici di pecore, sul tema dell’inclusione; da parte mia scelsi una delle mie classi, una prima superiore e un gruppo di allievi disabili, destinatari, tutti, delle attività del mio progetto, che si apre a contesti di arte, sport adattato, cultura paralimpica e cultura della salute e della prevenzione e che da un anno era orfano del teatro danza… orfano in senso letterale poiché la ballerina e coreografa, Milena Milano, con cui avevo stretto uno splendido sodalizio e che aveva portato gli allievi abili e disabili ad esibirsi sul palco al termine di un percorso di 10 settimane, era morta.
Ecco, per me la serata basagliana ha fornito l’occasione di trovare un luogo, la Lavanderia, e delle persone, Mara, Arianna e Doriana, con cui re-incastrare il tassello mancante del mio progetto: il teatro danza.
Il pacchetto Media Dance si è cosi inserito molto armoniosamente all’interno delle molteplici attività del Progetto Con il corpo conosco nell’anno 2018-19 e si sono organizzati e susseguiti rapidamente tre appuntamenti: la presentazione al gruppo dei partecipanti dello spettacolo a scuola, la visione de Le fumatrici di pecore con dibattito post spettacolo e il coinvolgente laboratorio di 6 ore con il coreografo Aldo Torta. Tutto di grande successo! Il gradimento da parte degli allievi e il loro coinvolgimento è stato emozionante ed entusiasmante tanto da indurci a ripetere l’esperienza anche per quest’anno scolastico 2019-20, con lo spettacolo Blume, di Barbara Altissimo. Infatti, il 3 dicembre 2019, nella giornata mondiale della disabilità, un gruppo di allievi abili e disabili, dopo l’appuntamento a scuola di preparazione allo spettacolo con un approfondimento molto gradito a cura di due filosofi, hanno assistito, unitamente agli studenti di altre scuole, in modo sentito, intimo e profondo, alla suggestiva performance dei tredici giovani under 25. Le suggestioni trasmesse dai ballerini sulla diversità che unisce, sullo scambio che arricchisce, sull’emarginazione che sfida ad integrarsi e sul confronto che fa crescere, hanno avuto una lunga eco nell’animo dei ragazzi e degli spettatori in generale. Un’eco che avrebbe avuto seguito con i laboratori con Aldo Torta (3 incontri da due ore), pronti a partire proprio appena il Covid 19 si è presentato nelle nostre vite, costringendoci ad una sospensione che dura a tutt’oggi! Ecco, i laboratori rappresentano un’altra eccellente peculiarità di Media Dance: la possibilità per gli studenti delle scuole di confrontarsi su temi “alti” direttamente con artisti e coreografi e lavorare, poi, a scuola, con professionisti che sapientemente sanno riprendere le fila emotive dei giovani spettatori e riportarle a livello di coscienza attraverso il corpo. È questo che succede nei laboratori a scuola, il luogo dove i ragazzi possono così valutare i fatti, le emozioni legate ai temi dello spettacolo.
Sicuramente riprenderemo il dialogo prezioso intrapreso con Media Dance poiché la possibilità di arricchire il percorso degli allievi abili e disabili di esperienze altamente formative rimane per me un dovere morale, per cui lotto da anni con caparbietà nella convinzione che, affinché una cultura dell’inclusione, che si fornisce anche a scuola, sia autentica, debba necessariamente passare attraverso esperienze di espressione corporea, libertà di esprimere le emozioni per accogliere anche quelle degli altri, conoscenza di se stessi e degli altri attraverso il corpo. E tanto più se si tiene conto dell’età evolutiva degli studenti della scuola superiore, che quando entrano al primo anno sono degli acerbi adolescenti ma quando ne usciranno saranno piccoli adulti.
La partecipazione a Blume, vissuta con i miei allievi e colleghi, anche quest’anno ha confermato la bontà di tali scelte, attraverso le espressioni dei loro occhi, l’entusiasmo della loro partecipazione e il gradimento espresso dalle loro famiglie e, non ultimi, da colleghi che condividono con me la convinzione che la didattica a scuola non sia solo quella frontale ma, anzi, gli ostacoli all’apprendimento a volte vengano magicamente rimossi da attività che hanno i medesimi orizzonti di quelli proposti da Media Dance.
Barbara Altissimo – artista e coreografa
Per un artista sapere dell’esistenza e della “funzionalità” di uno spazio come la Lavanderia a Vapore è molto rassicurante. È come sapere che, qualunque cosa accada, una casa c’è.
Una casa per il pubblico, per chi studia, per chi si forma, per chi crea, per chi fa spettacoli, per chi insegna. O per chi vuole semplicemente incontrare, condividere ed esserci nel nome della danza e dell’arte. E così è stato anche per me che ho “praticato” e abitato questo spazio come spettatrice, docente, artista e anche studente.
La Lavanderia, insieme alle scuole del territorio, è anche il luogo intorno al quale è nato e si è sviluppato il progetto Media Dance. Questo è un progetto molto interessante perché attraverso l’arte riesce a creare ponti, connessioni, forme di dialogo e soprattutto ad affrontare con i ragazzi temi molto importanti e di grande attualità.
Inoltre riesce ad avvicinare i ragazzi alla “ magia taumaturgica” del teatro e della danza.
Partecipare al progetto Media Dance è stato per me un onore e una grande occasione di crescita. È stato molto costruttivo sentirmi parte di un team, di una comunità. È stata meravigliosa la condivisione profonda con altre persone nel nome dell’arte.
Nell’arco degli anni ho partecipato a Media Dance con due diversi spettacoli .
Il primo è stato “Polvere la vita che vorrei”, con alcuni ospiti dell’Istituto Cottolengo di Torino, e l’altro “Blume”, con tredici giovani con diverse abilità.
Ho inoltre intrapreso alcuni percorsi formativi in diversi istituti di Torino e provincia.
Tutta questa esperienza umanamente ha rappresentato una grande possibilità, un percorso di consapevolezza e accettazione innanzitutto dei miei limiti e delle mie fragilità per poi praticare l’ascolto di tanta bellezza e diversità, a partire dai temi toccati per arrivare alla grande sfida di riuscire a coinvolgere e far appassionare gli studenti alla proposta formativa.
Dal punto di vista professionale è stato interessante confrontarsi con un pubblico di adolescenti che, con la loro semplice complessità, bellezza e grande verità, hanno reso l’esperienza di spettacolo profondamente intensa, cruda e carica di verità.
L’esperienza formativa è stata una bella sfida.
Mi sono infatti confrontata con una realtà che mi ha obbligato in un certo senso ad abbandonare le mie certezze e il mio controllo; gli schemi e i programmi che mi ero prefissata hanno lasciato il posto all’ascolto e all’empatia per trovare un linguaggio e un codice comune che mi hanno permesso di coinvolgere tutti gli studenti.
L’obiettivo primario è stato, per me, soprattutto creare un contesto diverso, uno spazio che potesse contenere e accettare le diverse personalità e i diversi potenziali, permettendo a ciascuno di esprimersi, di acquisire più consapevolezza e senso di sé.
Ed è stato magico vedere il coinvolgimento, l’evoluzione e la trasformazione di alcuni dei ragazzi durante il percorso. Rafforzando così anche il senso di comunità con l’entità classe.
Giulia Lizzi – studentessa della 4A dell’Istituto Albe Steiner di Torino
All’inizio ero un po’ insicura del progetto, pensavo fosse noioso. Ma col passare del tempo, degli incontri e delle lezioni, mi è sembrato interessante. Come studente, penso sia bello imparare qualcosa di diverso, anche se all’inizio non la pensavo così. Pensavo: “Cosa c’entra con la mia scuola?” ma mi sbagliavo.
Mi sono piaciuti molto gli spettacoli, i dibattiti e le domande-risposte con gli attori. Di solito non guardo spettacoli teatrali, ma immagino che dietro ci sia un lavoro enorme, pieno di passione e gioia. E so che tutto questo io non sarei capace di farlo.
Parlo anche come studente che ha aderito ai laboratori pomeridiani di espressione del corpo. Ho partecipato allo spettacolo “Gonzago’s Rose”, molto bello e divertente, con tematica seria, che personalmente poteva trattare della violenza in generale.
In seguito, ho fatto il corso pomeridiano, interessante e divertente, con cui ho potuto interagire con gli attori e gli altri compagni di scuola. Ho continuato il percorso a scuola, con la mia professoressa di Motoria (Prof.ssa Nuzzo), e mi sono trovata bene (peccato solo per questa interruzione a causa del virus) imparando anche come lavorano gli attori e quanto impegno ci vuole per essere credibili.
Altra studentessa della classe 4A dell’Istituto Albe Steiner di Torino
Il progetto Media Dance è iniziato con degli incontri che hanno permesso ad ognuno di mettersi alla prova. Mi è piaciuto molto l’incontro con la filosofa, nel quale si sono creati una serie di dibatti dove ognuno ha potuto esprimere un proprio pensiero confrontandosi con chi la pensava diversamente. Molto bello è stato lo spettacolo teatrale sulla diversità. Premetto che non vado mai a teatro perché non mi appassiona, ma quello spettacolo mi ha toccato molto e ha fatto nascere in me molte riflessioni. Consiglio a chiunque voglia fare una nuova esperienza di partecipare a questo progetto.
Manuela Segre – Presidente Dare Voce al Silenzio Onlus
Ho conosciuto la Professoressa Anna Robino, docente di sostegno di Rivoli, che mi ha parlato del Progetto Media Dance che mi ha immediatamente colpito e coinvolto sia per il mio passato di ballerina e di conseguenza sulle possibilità di raggiungere i ragazzi, coinvolgendoli e facendo emergere con il linguaggio del corpo tematiche complesse. Sono stata contattata da Arianna Perrone che mi ha fatto conoscere Mara Loro e poi Doriana Crema che mi hanno proposto di collaborare al progetto sul tema della violenza domestica. L’Associazione Dare Voce al Silenzio Onlus, è attiva da 5 anni in Piemonte e si occupa di informazione e sensibilizzazione sul tema della violenza su donne e minori, organizzando incontri per gli Insegnanti. In questi anni siamo stati impegnati prevalentemente in azioni destinate al contrasto della violenza, ma cercavamo un modo per intervenire nella prevenzione della violenza, quindi un’attività destinata ai ragazzi, adolescenti in particolare, in quanto riteniamo imprescindibile cercare di modificare i modelli comportamentali di aggressività verbale e fisica, vissuti in giovane età che poi molto spesso vengono ripetuti dai ragazzi quando diventano adulti e si trovano a riproporre da fidanzati, compagni, mariti quanto ‘appreso’ fin dalla più tenera età dai genitori, modelli di riferimento anche se negativi ma che vengono introiettati e riproposti nelle loro relazioni future. Quando ci è stato proposto di portare la nostra esperienza di Comunità di Ricerca Filosofica nel Progetto Media Dance abbiamo accettato la sfida con entusiasmo pur consapevoli dell’impegno e delle difficoltà che potevamo trovare nel nostro cammino, andando ad incontrare gruppi classe con una loro dinamica già consolidata, andandoli a sollecitare su un tema così caldo come la violenza domestica, tema peraltro che avevano chiesto loro di affrontare. La CdRF, che la nostra Associazione aveva attivato sperimentalmente nell’anno scolastico 2018/2019 per le insegnanti, è stato rimodulata e portata nelle classi IV superiori sotto forma di dialoghi guidati sul concetto di amore. La nostra docente Prof.ssa Luciana Regina ha tenuto Incontri di 2 ore in 10 classi diverse di circa 25 allievi delle IV dell’Istituto professionale Steiner (indirizzi di grafica, pubblicità e audiovideo). Il format della CdRF è stato in questo caso proposto per facilitare il dialogo in classe sul tema Amore/Non amore, propedeutico alla visione dello spettacolo di teatro danza “Gonzago’s Rose”. Lo spettacolo rappresenta una relazione malata e squilibrata fra un uomo dominante e narcisista, con tratti di fragilità e violenza, e una donna esposta, la sua rosa. La donna, per amore, appare consegnata a un potere che la lusinga, la strattona, la governa e la soggioga. Con gli incontri in classe, che hanno preceduto la visione dello spettacolo, abbiamo inteso allenare uno stile di pensiero insolito, in senso lato filosofico: il pensiero che si attiva direttamente su un concetto e che lo mette a punto per gradi, in un dialogo guidato in cui tutti abbiano il diritto di aggiungere la propria idea, se argomentata. Lavorando sul concetto di amore vero, sull’ideale dell’amore, sull’amore come deve essere per rispettare il proprio nucleo di senso, si è fatta emergere un’articolata costellazione di valori condivisi, che possono diventare strumenti di giudizio e di scelta quando ci si trova davanti una realtà che non soddisfa i criteri. La convinzione che fa da sfondo a questo utilizzo della CdRF è che l’educazione sentimentale e l’educazione ai diritti siano componenti fondamentali di prevenzione della violenza, ma che non possano essere, né l’una né l’altra, oggetto di insegnamento o ammaestramento morale astratto. Solo un processo che coinvolga i soggetti, le loro aspirazioni e le loro visioni, mettendo in luce le poste in gioco, i rischi, la libertà, ha qualche chance di attecchire, di spostare, di formare anticorpi nei confronti delle tante forme di violenza, anche sottili che circolano nelle relazioni. Il lavoro si è svolto in parallelo su due assi: quello dell’amore, con i concetti irrinunciabili, e quello del non amore, con i concetti inaccettabili. Sul primo sono emersi molti concetti su cui c’era un largo consenso (come rispetto, fiducia, condivisione, sincerità), e altri su cui si è lavorato più a lungo, per poterli chiarire e includere in un’accezione condivisa (come reciprocità, paura, casa, quotidianità). Di grande interesse, ai fini della tematica della violenza, è stato il ‘contenitore degli scarti’, pieno di interessanti spunti per cogliere ciò che questi ragazzi ritengono inconcepibile se associato all’amore: sfruttamento, morbosità, possessività, ossessione, umiliazione, demolizione, demoralizzazione, menzogna, egoismo, manipolazione, tradimento sono alcuni dei tanti nomi che sono stati dati al male, alla violenza. Ho partecipato allo spettacolo “Gonzago’s Rose” che ha visto la presenza e la partecipazione dei ragazzi delle classi coinvolte e i vissuti emersi, spesso sotto traccia, ma evidentissimi; le emozioni, le parole, ma anche il non detto mi hanno particolarmente emozionata, mi hanno profondamente colpita, così come i pensieri dei ragazzi che sono stati proiettati alla fine dello spettacolo e che hanno rafforzato ulteriormente il mio impegno e il mio desiderio di continuare, se possibile, a collaborare con il progetto Media Dance nella speranza di riuscire ad intervenire precocemente sui ragazzi, per costruire una società futura migliore dove gli uomini e le donne sapranno ragionare e collaborare, discutere e vivere insieme, rispettandosi e costruendo insieme le loro vite.
Silvia Bevilacqua e Pierpaolo Casarin, Filosofi della società Propositi di Filosofia
Rispondiamo con piacere a questa domanda, diretta e implicante. Si tratta di una domanda filosofica non solo perché chiede qualcosa di significativo per noi stessi, ma anche perché ne chiede ragioni, cause e motivi. Sentiamo in essa il ritmo di qualcosa di profondamente conosciuto e familiare, ma anche di sconosciuto, ancora da cercare. Un po’ come accade sovente nelle sessioni di philosophy for children/community che proponiamo nelle scuole a ragazzi e ragazze, bambini e bambine. Scriviamo al plurale perché stiamo scrivendo in due: uno da Milano e una da Genova; facciamo parte di una realtà che ha un nome al plurale, Propositi di filosofia, siamo soliti pensare-creare-organizzare attività filosofiche per generare condizioni favorevoli allo sviluppo di comunità di ricerca filosofiche, ovvero condividere il piacere e l’importanza del pensare insieme. Pensiamo ci sia ancora spazio per pratiche collettive, plurali, politiche e umane. Seguendo queste tracce siamo arrivati a partecipare al progetto di media Dance che ci ha immediatamente attratti e incuriositi nella possibilità di avvicinare una rappresentazione teatrale Blume, di Barbara Altissimo.
Così siamo partiti per incontrare i pensieri, le riflessioni e le domande di tante ragazze e ragazzi delle scuole di Torino e provincia. Una mattina, molto presto, siamo giunti alla Stazione di Porta Nuova a Torino partiti da Milano Rogoredo e Genova Brignole, chiudendo così il triangolo (un tempo industriale) più che il cerchio. Ad accoglierci Arianna e Mara, coinvolgenti, visionarie e capaci di farci entrare con gioia nel clima delle scuole che stavamo per conoscere. Un incontro di due ore per classe a partire da qualcosa che ancora non era del tutto visibile e definito. Un esercizio non semplice quello di riuscire a coinvolgere i ragazzi su un piano filosofico in merito a qualcosa che avrebbero visto qualche tempo dopo a teatro, ma di cui non avevamo ancora tracce certe e solide. La pratica filosofica è divenuta così l’anticipo improvvisato di una scena teatrale non ancora recitata. Un teatro prima del teatro. La sensibilità di cambiare qualcosa del nostro stile, delle nostre movenze, per andare incontro al “non so che”, all’imprevisto. Ed è grazie a Blume che abbiamo riappreso ciò che siamo e abbiamo dismesso i nostri abiti usati per mettere quelli usati da altri. Si sono aperti nuovi spazi.
Blume può significare bocciolo ovvero qualcosa in grado di … qualcosa che fiorisce, che sboccia, che permette, che trasforma, che muta e diviene. Torna in mente una pagina di Luis Sepúlveda dedicata all’isola di Lussinpiccolo, un’isola nel Mar Adriatico nella ex Jugoslavia. Sepúlveda gli dedica un racconto. L’isola perduta è contenuta nel libro Le rose di Atacama. Si parla della fioritura di oleandri, susini e glicini e della fioritura di persone. Fioriva la bella croata Olga amante del flamenco, fioriva Stan lo sloveno dedito alla cura della convivialità, fioriva Gojco il pescatore montenegrino, fioriva Vlado il macedone che cantava ogni sera dopo abbondanti bevute di slivoviz e fioriva anche Levinger il farmacista ebreo bosniaco, ex assistente sanitario dei partigiani antifascisti, fioriva anche Panto militare disertore serbo che con la sua fisarmonica allietava le serate. Tutti fiorivano e tutti si capivano, parlando una lingua sentimentale che permetteva reciproca comprensione, mescolando serbocroato, tedesco, francese, spagnolo e italiano. Purtroppo negli anni successivi non fiorirono più, la Jugoslavia si dissolse e i fiori vennero calpestati dai nazionalismi.
Siamo entrati in classe con la ferma convinzione di poter fiorire con il pensiero dei ragazzi e delle ragazze. Abbiamo attraversato “prati filosofici” fra domande, pensieri, emozioni e argomentazioni. Abbiamo guardato alcune immagini e letto alcuni testi letture per indagare comprendere ciò che quel bocciolo ci lasciava intravedere nella sua apparente fragilità. Siamo entrati nello spettacolo con questo primo atto riflessivo.
Poi è arrivato il 3 dicembre, giorno della rappresentazione teatrale e anche se era una di quelle mattine grigie, piovose e invernali il bocciolo è fiorito in miriadi di emozioni, domande e pensieri ulteriori. Vi è una germinazione essenziale in questo incontro fra pratica di filosofia, teatro e danza. Ci auguriamo di tornare presto, tutti e tutte a teatro, c’è ancora tempo per sbocciare, insieme.