La pittrice e artista visiva polacca, nata a Opoczno ma con base a Torino, autrice dei murales campeggianti sul muro di cinta della Lavanderia a Vapore, racconta la propria esperienza di “traduttrice simultanea” di alcune performance recentemente svoltesi a Collegno. Può la danza trasformarsi in traccia iconografica?
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ph. Andrea Macchia
La mia volontà di trasformare il gesto coreografico in atto pittorico è venuta a galla circa vent’anni fa: praticavo danza Butō in un gruppo diretto da Stefania Lo Maglio; proprio in quel frangente realizzai i miei primi lavori sul corpo in movimento. Esperienza fondativa in tal senso è stata la collaborazione con la danzatrice e coreografa Silvia Moretti: durante la performance, direttamente in scena, captavo il gesto dei performer, lo interpretavo e lo riportavo a segno su lunghi rotoli di carta.
Catturare il movimento con la pratica della pittura è da sempre una delle sfide che più mi affascinano. Prediligo la pittura dal vero, di soggetti animati o situazioni in evoluzione, per i quali non esistono ripensamenti. L’errore risulta infatti inscritto in questo tipo di pratica, parte integrante del suo esito finale. Ma qualora mi accosti alla danza – che è già di per sé una forma d’arte, una diretta espressione del corpo articolata diacronicamente nel tempo – devo essere ancor più concentrata per poterla ritrarre, ancor più veloce, cercando di catturare l’essenza di ciò che essa trasmette. È un ulteriore stimolo per il mio lavoro, un ottimo allenamento.
Con Chiara Bersani, Silvia Gribaudi e Daniele Ninarello ho vissuto tre momenti stupendi in Lavanderia. Munita di una canna di bambù come prolunga, estensione, del mio pennello, ho dato vita ad altrettanti murales: una sequenza di Daniele danzante (semplicemente lo seguivo con lo sguardo per poi restituirne in scioltezza il movimento o quantomeno ciò che riuscivo a coglierne), dopodiché un vero e proprio ritratto di Chiara, in posa sul prato, e infine – pochi giorni fa – il segno depositato per PESO PIUMA – solo, la performance multidisciplinare di Silvia realizzata in occasione della serata conclusiva del progetto SWANS NEVER DIE, all’interno di Interplay Festival.