Lo scorso 29 aprile, una festa diffusa e immersiva ha invaso alcuni luoghi-simbolo della città di Torino, all’insegna della partecipazione e dell’ironia, tra corpi plurali e rovesciamento di codici (scopri di più). Lo staff del Centro di Residenza di Collegno sceglie così di raccontare – attraverso una collezione di tracce verbali e testimonianze fotografiche – le proprie iniziative per la Giornata Internazionale della Danza 2023, rivolte alle nuove generazioni, alle comunità del territorio e al grande pubblico. Dall’energico Baby Rave per le famiglie al Jigeenyi (un format esportato dall’Islanda, realizzato in collaborazione con Reykjavík Dance Festival, Jigeenyi, Ricette d’Africa e Associazione Renken, nell’ambito del progetto Tanz Tanz ) a Le classique c’est chic, classe di tecnica accademica open air a cura di Anna Basti, aperta a chiunque, passando per la lezione settimanale di Dance Well, per l’occasione trasferita al PAV Parco Arte Vivente.
4 x 4
di Asia Passerella
resistenza / resi·si·stèn·za /
1. L’azione e il fatto di resistere, il modo e i mezzi stessi con cui si attuano. In usi generici, riferito a persone e animali, o a oggetti e forze fisiche.
2. Attitudine a contrastare efficacemente il prodursi di determinati effetti.
autogestione / auto·gestione·ne /
1 .Gestione di un’impresa o di un’azienda da parte dei lavoratori in essa occupati
2 .Gestione di organismi o attività da parte di coloro che vi si riversano.
volontà / volon·tà /
1. La facoltà e la capacità di volere, di scegliere e realizzare un comportamento idoneo al raggiungimento di fini determinati.
2. Il fatto di volere, e ogni singolo atto e comportamento volitivo.
energia / e·ner·gì·a /
1. a. Vigore fisico, spec. dei nervi e dei muscoli, potenza attiva dell’organismo; b. Fermezza di carattere e risolutezza nell’azione; c. Forza dinamica dello spirito, che si manifesta come volontà e capacità di agire.
Dance Well. Manifesto di una pratica vagabonda
di Eugenia Coscarella
Dance Well festeggia la giornata mondiale della danza al PAV-Parco Arte Vivente di Torino, sito espositivo all’aria aperta e museo interattivo. Un luogo d’incontro, di esperienze, laboratori, rivolti principalmente al dialogo tra arte e natura.
Piero Gilardi, artista e suo ideatore, lo ha definito come “un intreccio dialogico di esperienze, aperto alle alterità innovative, in omologia con i sistemi viventi della biosfera”.
Dance Well, quindi, in questa annualità dedicata all’attraversamento del mondo vegetale e all’incontro e dialogo tra ecosistemi, trova nella natura del parco, il luogo perfetto per festeggiare la biodiversità di un progetto in costante divenire.
Il PAV e Dance Well sono due ecosistemi specchianti, la cui identità emerge e si definisce spontaneamente come quello che Gilles Clement definisce Terzo Paesaggio [1], che non è solo loro oggetto di ricerca, ma anche modo di stare e praticare.
Questa restituzione nasce quindi dal desiderio di far emergere la natura di quest’esperienza e incontro.
Sono partita dal cuore, dai pensieri e parole della comunità di dance well dancers, nati dalla pratica filosofica guidata da Gaia Giovine Proietti durante gli incontri dance well, condotti insieme ai teachers Elena Cavallo, Emanuele Enria, Debora Giordi. Il materiale è stato sviluppato con la comunità, a partire dall’immaginario delle piante che vagabondano, incontrate al PAV e ispirati, tra gli altri, ai testi: Elogio delle vagabonde e Manifesto del Terzo Paesaggio di Gilles Clement.
In questo processo di restituzione, incredibilmente, l’esperienza di terzo paesaggio che pensavo di raccontare, è apparso lì, stava nascendo tra le mie mani in maniera del tutto autonoma.
Guidata dalle parole, è bastato seguire le loro tracce, il loro movimento, lasciarsi condurre dal filo. Con resa audace[2], diventare il semplice tramite di un disegno nascente.
La parola ha chiamato la materia. La materia, la grafia. La grafia, la calligrafia.
Insieme si sono fuse in un movimento da seguire, assecondare, tra intenzione e accidentalità.
L’atto di restituire una pratica è diventato esso stesso pratica, ma non una qualsiasi, esattamente la medesima.
È stato un regalo per me. Spero lo sia anche per tutta la comunità Dance Well.
“𝐵𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑎 𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑠𝑒𝑙𝑜 𝑏𝑒𝑛𝑒 𝑖𝑛 𝑡𝑒𝑠𝑡𝑎, 𝑖𝑙 𝑓𝑢𝑡𝑢𝑟𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑖 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑎 𝑖𝑛 𝑛𝑒𝑠𝑠𝑢𝑛 𝑙𝑢𝑜𝑔𝑜 𝑝𝑟𝑒𝑐𝑖𝑠𝑜. 𝑆𝑡𝑎 𝑛𝑒𝑙 𝑚𝑒𝑧𝑧𝑜. 𝑇𝑟𝑎 𝑖 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑝𝑝𝑎𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑓𝑖𝑠𝑠𝑖, 𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑖𝑚𝑖𝑡𝑎𝑛𝑜 𝑖𝑙 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑐𝑎𝑚𝑚𝑖𝑛𝑜. 𝐼𝑙 𝑝𝑎𝑒𝑠𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑖𝑛 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑟𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑎𝑐𝑐𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑎̀ 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑣𝑎𝑔𝑎𝑏𝑜𝑛𝑑𝑒, 𝑐ℎ𝑒 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑖 𝑟𝑎𝑑𝑖𝑐𝑎𝑡𝑖 𝑎 𝑢𝑛𝑎 𝑑𝑖𝑚𝑜𝑟𝑎. 𝐸𝑠𝑠𝑒𝑟𝑖 𝑚𝑜𝑏𝑖𝑙𝑖, 𝑎 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎 𝑖𝑚𝑚𝑎𝑔𝑖𝑛𝑒, 𝑙𝑒 𝑣𝑎𝑔𝑎𝑏𝑜𝑛𝑑𝑒 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑛𝑡𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑜𝑙𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎. 𝐿𝑜𝑟𝑜 𝑐𝑖 𝑎𝑐𝑐𝑜𝑚𝑝𝑎𝑔𝑛𝑎𝑛𝑜. 𝐴𝑐𝑐𝑜𝑚𝑝𝑎𝑔𝑛𝑎𝑚𝑜𝑙𝑒.” (G.Clément)
Se qualcuno mi chiedesse come vorrei che fosse il mondo, oggi risponderei che lo immagino proprio così, come questo luogo eutopico che stiamo costruendo in questa comunità.
[1] cfr. Manifesto del Terzo Paesaggio di Gilles Clement.
[2] Resa audace è tratto della poetica di Chandra Livia Candiani. Indica la postura dell’abbandonarsi con grazia alle cose, non per allontanarsi da, ma per immergersi radicalmente negli avvenimenti, senza padroneggiare.
Sbarra e skate: un’oper-azione di Anna Basti
di Matteo Tamborrino
Che cosa accade privando la danza classica dei suoi più vetusti stilemi – il bianco, le sbarre, gli inchini, gli specchi, le punte, il legno, i repertori, i sorrisi forzati? Che cosa succede riversandola negli spazi urbani, plasmandola come uno strumento democratico, in grado di agitare ogni corpo “possibile e immaginabile” (e dunque in sé intrinsecamente poetico)? È da questi e molti altri interrogativi che ha preso avvio allo Skatepark di Parco Dora l’oper-azione di Anna Basti, da intendersi proprio nei termini di un intervento collettivo, o meglio di un allegro som-movimento civico, diretto appunto – in linea con la diffusa sovversione di gerarchie promossa dalla Festa “di” Lavanderia a Vapore – dal basso verso l’alto (e non viceversa). L’artista, diplomata presso la scuola di ballo del Teatro dell’Opera di Roma e attualmente attiva nei territori della danza contemporanea e del teatro fisico, rintraccia nel corpo – per sua stessa ammissione – il perno di una ricerca che considera l’organismo umano quale apparato poroso e complesso, informato e condizionato dal contesto di riferimento in cui si trova a operare. Le classique c’est chic – questo il vezzoso prénom della piattaforma progettuale – è orientata, così come diverse altre creazioni di Basti, alla condivisione immediata di saperi con comunità di “corpi non alfabetizzati nel campo delle tecniche di movimento”. Per un’ora e mezza circa, gli oltre cinquanta convenuti si esercitano in pliés e relevés, acquisendo un’attitude di tutto rispetto (cedendo naturalmente il passo, ove richiesto, all’errore e al riso). Non manca inoltre una buona dose di voyeurismo, complice anche la voce della conduttrice-corifea, veicolata da un microfono degno della miglior tradizione pop (sì, ma in chiave anti-Toxic): a interpretare, infatti, il ruolo di rumorosi spettatori sono gli avventori dello spazio urbano, muniti di skateboard e pattini a rotelle, che scrutano questa degasiana “classe di danza” nelle sue grottesche deformità e delicate bellezze. L’oper-azione si scioglie, allo scoccare del novantesimo minuto, in un cerchio d’orchestra, spazio corale di condivisione e rito di pienezza (d’animo).
Riesci a immaginare una danza collettiva? Compila il form!
un’idea di Kadri Sirel